07 giugno 2007

KinemaZOne nel fantastico mondo di Luca Enoch

Intervista di Ferdinando Carcavallo e Flavio Ignelzi

È un artista poliedrico, in grado di gestire completamente una serie a fumetti. E’ in uscita il suo nuovo progetto Bonelli (il fantasy Dragonero, in coppia con Stefano Vietti). Si chiama Luca Enoch e, prima di consigliare la lettura delle fantasiose avventure che ha scritto e continua a scrivere (correte a comprare Gea, Sprayliz, Legs Weaver, Morgana...), KinemaZOne è riuscito a farsi raccontare un po’ di lui, di cosa fa, di come lo fa, del panorama tricolore delle nuvole parlanti visto da dietro le quinte. Cominciamo a conoscerlo meglio, aspettando che si faccia corteggiare dalla settima arte, magari in una ipotetica versione cinematografica di Gea by Katsuhiro Otomo...


In un'intervista di un anno fa Carlo Lucarelli mostro' apprezzamento per Gea manifestando anche un certo disappunto per il "paradigma bonelliano" secondo il quale un fumetto, per essere vincente, non deve essere ambientato in Italia. In questo tu sei abbastanza atipico, in quanto la tua Gea vive in un contesto (o meglio livello di esistenza) apolide o, se vuoi, globale. I suoi amici hanno nomi Italiani, inglesi e asiatici ed ascoltano Springsteen, Manu Chao e Madreblu. Come mai questa scelta?
Il famoso “paradigma Bonelliano” ha anche un’altra ragione d’essere. Se l’azione, l’ambientazione della storia e le frequentazioni dei personaggi sono “altri” rispetto alla nostra realtà si ottengono tutta una serie di facilitazioni di non poco conto: lo sceneggiatore non deve essere fedele a una realtà sotto gli occhi di tutti e non si espone a critiche di mancanza di verosimiglianza; il disegnatore non è costretto a spaccarsi la testa per ritrarre fedelmente l’ambiente; l’editore non espone il fianco a critiche di parte perché la finzione non riguarda il nostro paese, la nostra città o le persone che ci vivono a fianco. Lavorando per Bonelli anch’io ho adottato questo schema ma, del resto, anche la mia "Sprayliz", scritta e disegnata in totale indipendenza, era ambientata in un contesto nordamericano da telefilm. Comodità nella scrittura e facilità nell’esecuzione. Comunque, sia in "Gea" che in "Sprayliz", sono sempre riuscito a parlare dei fatti nostri anche in altri contesti.

Il mondo in cui si muovono Sprayliz e Gea è un mondo in cui le minoranze (etniche, sociali e sessuali) convivono in maniera molto disinvolta con le maggioranze. E' anche questa una sorta di "Utopia" oppure c'è un intento pedagogico, nel senso che speri che i tuoi lettori (spesso giovani) imparino da Gea le regole dell'armoniosa convivenza?
Io che insegno agli altri l’arte della convivenza? Ma se qualcuno mi si avvicina troppo in strada o sul bus io mi ritraggo tipo anemone marino… Forse in "Sprayliz" questo vivere armoniosamente assieme era vero ma comunque io partivo da una società multietnica (quella nordamericana) per poi passare ad altro. New York all’epoca aveva veramente un sindaco nero e le coppie miste erano una realtà consolidata. La disinvolta convivenza (anche sessuale) era un aspetto che coinvolgeva in primo luogo la protagonista e il suo piccolo universo che le ruotava attorno. In "Gea" le minoranze – rappresentate simbolicamente dagli alieni migranti - invece non vivono poi così bene con la maggioranza; sono perseguitate e devono nascondersi.

In America oggi i comics sono la principale fonte di ispirazione per il cinema. In Italia non è mai stato così (Diabolik di Bava è l'unico esempio di adattamento di successo). Credi che siano i nostri fumetti ad essere poco cinematogtrafici oppure è il nostro cinema ad essere indifferente alla cultura pop?
Il fumetto in Italia è narrativa di serie B. Mai luogo comune è stato così vero e radicato nella mentalità di gente, quali gli italiani, che nella stra-grande maggioranza sono analfabeti di ritorno che non leggono nemmeno un libro all’anno. Da "Sprayliz "potrebbero tranquillamente tirare fuori una bella fiction, che farebbe imbufalire le C.E.I. , inalberare De Corato e Gasparri, prendere le distanze da Rutelli e provocare serie e attente riconsiderazioni da parte del CdA della RAI. Certo, a meno che non si trattasse di un formato Endemol.

Hai mai pensato (sicuramente si, viste le tue numerose citazioni cinefile) ad un adattamento di animazione o fiction per Gea?
Non la vedrei molto bene come riduzione cinematografica; temo l’effetto “Buffy” e quindi del già visto. Ma come lungometraggio animato sì! E, sebbene adori Miyazaki, avendo budget illimitato affiderei il malloppo a Katsuhiro Otomo.

Ricordi ancora i primi soldi guadagnati disegnando?
E come no? Grande iniezione di autostima! Faccio quello che mi piace fare e mi danno pure dei soldi… il massimo. I miei primi guadagni onesti però non erano frutto del fumetto ma dell’attività di illustratore e grafico.

Si puo' vivere con i fumetti oggi in Italia?
Solo se lavori per Bonelli o Disney, le uniche case editrici in Italia che possono produrre storie di qualità dando un compenso più che adeguato ai realizzatori. O se azzecchi, cosa più difficile, una serie blockbuster in Francia, ad esempio; allora le royalty ti sotterrano di euro.

Com'è la situazione dei comics in Italia?
Un grande “BOH?”. Di certo c’è un calo costante di vendite anche nelle testate più solide che non ho idea a cosa potrà portare.

Come mai i nostri fumetti periodici, a differenza degli americani, sono sempre in bianco e nero ? Si tratta di una questione stilistica o ci sono altre motivazioni?
Io sono cresciuto con i fumetti in b/n, tanto da identificare il vero fumetto con il monocromatismo. Da Alex Raymond a Zanotto, da Magnus a "Charlie Brown" i fumetti non sono mai stati a colori, per me. "Topolino" lo apprezzavo di meno di "Alan Ford". Adesso stanno ricolorando "Bone" ma lo vogliamo mettere con la prima edizione in b/n?

Te lo avranno chiesto in tanti, ma come mai i protagonisti delle tue storie sono esclusivamente donne ?
È una cosa genetica. Ho pure due bambine, Isabella ed Elena. Non si sfugge al cromosoma XX!

Tu per Gea hai scelto una periodicità abbastanza singolare. In 8 anni sono usciti 16 episodi completi. E' perchè vuoi concedere ai tuoi lettori del tempo per assimilare le storie oppure hai paura che un impegno costante possa portarti ad una assuefazione al personaggio?
Non è stata una scelta ma una necessità. Bonelli voleva farmi realizzare una serie interamente autogestita. Storia e disegni. Oggi sono riuscito a consolidare una produzione mensile di 25 tavole. Quindi dieci mesi all’anno per disegnare due storie di 125 tavole e due mesi scarsi per scriverle e sceneggiarle. Totale quasi dodici mesi all’anno. Ci avanza giusto una settimana di vacanza.

Di prossima pubblicazione per la Bonelli c'è Dragonero, graphic novel realizzata in collaborazione con Stefano Vietti e Giuseppe Matteoni. In che rapporto questa nuova creatura è con i tuoi precedenti lavori?
I romanzi avrebbero dovuto essere un nuovo format all’interno di una casa editrice come la Bonelli, specializzata in serie con personaggi ricorrenti. Stefano e io sentivamo la necessità di raccontare storie che avessero una conclusione, senza la necessità di riproporre i personaggi nella storia successiva. One shot, quindi. Ambientazioni e generi “altri” rispetto a quelli che si potevano trovare nelle serie classiche bonelliane.



Nota: grazie all'amico Luigi Diomaiuti per la consulenza.

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Gea è uno dei fumetti più originali del panorama comics europeo. Ci sono influenze di tutti i tipi e di tutte le culture. Molti lo hanno criticato (sta per arrivare alla conclusione) per essere poco politically correct ma a ben vedere quello di Gea è un mondo altamente morale dove il male arriva da una dimensione esterna.

Bravo Enoch.